Open Data Day. Intervista a Elena Sini, direttrice Sistemi Informativi GVM Care and Research e HIMSS Board of Directors, sul patrimonio dei dati aperti

Il 5 marzo ricorre la decima edizione dell’Open Data Day, la giornata dedicata ai dati aperti. Per l’occasione, la Community Donne Protagoniste in Sanità ha intervistato una vera esperta sul tema, Elena Sini, direttrice Sistemi Informativi GVM Care and Research e HIMSS Board of Directors.

Partendo dall’importanza e dall’utilità degli open data, quali sono gli ambiti in cui i dati aperti possono tornare utili per migliorare la vita di tutti, in questo caso in ambito sanitario ma non solo? Penso alla possibilità di partecipazione dei cittadini, ma anche come renderli fruibili, comprensibili, utili by design… E, in particolare, ci può spiegare se e come gli open data possono aiutare nel processo di determinazione dei bisogni sanitari, sia a livello nazionale che a livello territoriale? 

Gli open data, che implicano appunto accesso pubblico e libero al dato, in Sanità hanno più vincoli che in altri ambiti e quello che ad oggi è oggettivamente disponibile è oltremodo limitato.

Un’opportunità potrebbe essere costituita dal Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) la cui fruizione dei dati in ottica ‘open data’ è ancora limitata ed essenzialmente possibile alle sole applicazioni realizzate in modo “monopolistico” dalle società di servizi IT, le cosiddette ‘in house’ delle diverse Regioni Italiane.

Sarebbe estremamente utile se il Fascicolo Sanitario Elettronico nazionale esponesse dei servizi (API) di accesso ai metadati per aprire a un mondo di possibili elaborazioni che potrebbero essere realizzate anche dal mondo della Ricerca e dell’Innovazione, abilitando quindi dinamiche di Open Innovation, in tempi estremamente rapidi e con una ricchezza di funzionalità e capacità di offerta al mercato ed ai cittadini.

Gli open data possono servire anche a evidenziare il gap di genere su vari aspetti: retribuzioni, lavoro, benessere, accesso alle cure. Cosa può dirci in merito? 

Disporre di dati di qualità come base di partenza per evidenziare o, auspicabilmente, eliminare il gender gap non è una sfida semplice ma deve rappresentare necessariamente la nostra prospettiva, nell’ottica del miglioramento delle politiche volte al benessere della comunità.

Quale può essere l’apporto delle donne, si spera sempre più protagoniste in ottica di One Health digitale?

Le donne hanno certamente una componente “emotiva” che facilita la gestione del cambiamento e l’adozione di nuovi mindset; in altri termini, in un mondo che cambia, bisognerebbe cambiare l’approccio alla gestione dell’informazione e dei dati, potenziando flessibilità e tempestività nell’interesse e al servizio dei cittadini.

Le donne possono dare un contributo attivo ed essere appunto ‘Protagoniste’ del cambio di paradigma oramai assolutamente necessario.