Quando mi è stato proposto di far parte di questa Community ho accettato subito e con slancio perché ne condivido finalità e prospettive.

Però mi sono anche soffermata su cosa significhi oggi essere “Protagoniste” e non solo in Sanità. Non mi sono data una risposta univoca nonostante abbia la consapevolezza che protagoniste sono coloro che, fuori da qualsivoglia riflettore o palcoscenico, nella vita di tutti i giorni e in ogni cosa che fanno si impegnano per portare avanti il loro punto di vista e che venga riconosciuto sempre di più il ruolo delle donne quale valore sociale. Protagoniste sono quelle donne che non lasciano che la loro personale ricerca di soddisfazione gli venga da altrə, che l’affermazione arrivi da competenze e riconoscimento meritocratico. Nonostante la nostra struttura sociale proceda ancora in senso ostinatamente contrario.

Protagonista è chi non si censura, chi non si fa da parte e anzi elabora proposte, divulga saperi mentre il mondo vuole e continua a percepire le donne per lo più solo come madri, mogli e sorelle. Che al massimo sono dietro un “grande uomo”, quasi mai al fianco. Figuriamoci davanti. Un problema? Sì, questo è un problema per una società che si definisce civile e democratica. A conferma basta guardare i dati dell’Oasi Report del 2020 del Cergas Bocconi: in Italia le donne rappresentano circa il 50 per cento dei medici in Italia, ma solo una su tre ricopre ruoli di vertice nella sanità, come direttrice di unità operativa o direttrice generale. Ma anche nel resto del mondo non si scherza: il Report sul Global Gender Gap del World Economic Forum rileva che dei circa 43 milioni di persone che lavorano nel settore sanitario, oltre il 70 per cento sono donne, ma queste ricoprono solo il 35 per cento dei ruoli manageriali. A penalizzarle sono prevalentemente ostacoli di ordine culturale e sociale, difficoltà a conciliare vita lavorativa e familiare, limiti nell’accesso a network di influenza e mancanza di modelli femminili a cui ispirarsi.

Nell’era del gender pay gap (differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e di mansione), del #metoo, del ritorno dei Talebani in Afghanistan il cui prezzo più alto sarà pagato dalle donne e, soprattutto, in quella del Covid in cui cura e sanità sono prepotentemente tornate alla ribalta, non possiamo in questo contesto neanche dimenticare che per esempio che il 65% dei caregiver (portatore di cura) familiare sono donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni. Che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o sono state costrette ad abbandonarlo (nel 60% dei casi) per potersi dedicare a tempo pieno alla cura dei familiari. Il caregiver è una figura che nel nostro Paese ancora non ha ottenuto un riconoscimento a livello legislativo, a differenza di quanto invece accade in altri Paesi europei.

C’è quindi un urgente bisogno d’invertire la rotta. Ben venga quindi “Protagoniste” e per questo mi auguro che il nostro lavoro, il lavoro di questa Community, diventi non solo luogo reale e virtuale d’incontro, ma crocevia di proposte e al tempo stesso anche di provocazione per apparecchiare “tavoli” che abbiano come commensalə compagnə di strada e “protagonismo”. Perché il riconoscimento sociale del ruolo, delle competenze e della voce delle donne – in una società che è ancora pesantemente costruita e pensata su modelli maschili – significa anche un cambio di passo per una salute e una sanità più equa e sostenibile.

Per quanto mi riguarda, cercherò di essere presente con atteggiamento propositivo e di condivisione. Perché Il mio impegno cosi come la mia voce, in favore del lavoro e della parità delle donne, saranno sempre forti e chiari. Non solo per il rilancio del nostro Paese e per la Sanità. Ma ogni qual volta si cercherà di mettere da parte una donna e il suo punto di vista. Che poi a ben rifletterci potrebbe anche essere solo la vista di un punto, ma sapendolo fare da molto lontano e ben prima che lo veda qualcun altro. Non credete? Allora prendiamoci lavorando sodo e con cura, a partire dall’uso delle parole che sono quelle con cui diamo forma e conosciamo il mondo esterno e interiore, ciò che ci spetta senza aspettare che qualcun altrə lo faccia per noi. Magari solo come beau geste

Beatrice Curci – giornalista